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Come si può battere il perfezionismo? Quale fra tutti i metodi è quello che veramente porta dei risultato e li mantiene sul lungo periodo?
Per rispondere a questa domanda ti racconto la storia dell’ascesa e dell’implosione di Bobby Fischer, una delle menti più brillanti degli ultimi 100 anni e della lezione incedibile che la sua parabola ci può insegnare su quello che è davvero il perfezionismo.
E infine ci andiamo a vedere il modello mentale che è davvero la soluzione definitiva al problema del perfezionismo.
Bobby Fischer
Robert James Fischer, in arte Bobby, nasce a Chicago nel 1943, ed è ritenuto da moltissimi il più grande giocatore di scacchi di tutti i tempi.
Fischer ha dimostrato fin da giovanissimo di essere un genio della scacchiera. All’età di 14 anni è diventato campioni degli Stati Uniti, e a 15 è diventato il più giovane grande maestro della storia.
Il sogno di Bobby Fischer era quello di diventare il migliore al mondo. Tra lui e il sogno c’è soltanto un piccolo problema, il blocco sovietico, la più grande scuola di geni scacchistici del pianeta, tant’è vero che per la bellezza di oltre sessant’anni, dal 1946 al 2007, tutti i campioni di scacchi tranne uno, sono stati di nazionalità russa.
Soltanto che Bobby Fischer è stata una delle menti più incredibili negli ultimi 100 anni, per cui dopo un sacco di sforzi, sfide e tornei, nel 1971 ottiene la sua possibilità per il titolo.
La contesa per il titolo
Nel ’71 Bobby Fischer si qualifica al torneo finale dei candidati, ovverosia alle sfide dirette tra i futuri contendenti al titolo mondiale.
I migliori giocatori di scacchi, tranne i campioni del mondo, si affrontavano in sfide uno a uno e il vincitore otteneva il diritto di sedersi di fronte al campione del mondo e sfidarlo per il titolo.
Devi sapere che quando due grandi maestri di scacchi si sfidano, quasi l’80% delle partite, statisticamente, finiscono in parità. Per cui quando c’è una vittoria è un evento incredibile e fare addirittura due vittorie consecutive è qualcosa di assolutamente eccezionale.
Bobby Fischer si ritrova di fronte a tutti i migliori giocatori di scacchi mondiali. Nella prima partita incontrata Taimanov, che è stato un grandissimo giocatore russo e Fischer vinse non soltanto la prima partita, non soltanto la seconda e nemmeno la terza, ma vinse tutte e sei le partite. Questo non lo fece solo con Taimanov, ma lo fece anche al turno successivo con Larsen, un altro genio della scacchiera.
Stati Uniti vs. URSS
Nel 1972 Bobby Fischer si siede di fronte al campione del mondo Boris Spassky. Siamo in piena guerra fredda e la sfida fra questi due titani, non è soltanto quella fra due scacchisti che si giocano il titolo mondiale, ma in realtà assume dei connotati globali, perché è la grande sfida tra le due superpotenze, gli Stati Uniti e l’impero sovietico.
Il regno di Bobby Fischer
Nel 1972 Bobby Fischer diventa campione del mondo di scacchi. Il regno di Bobby Fisher però dura ben poco, soltanto tre anni. E allora chi è stato a terminare in così poco tempo il regno di cotanto genio? Un altro russo? Un altro genio spuntato fuori da chissà dove? In realtà no, è stato proprio Bobby Fischer ad auto sconfiggersi.
L’ultima partita del campionato mondiale del 1972 corrisponde all’ultima partita ufficiale di Bobby Fischer. Nel 1975 addusse scuse assurde per evitare di organizzare la difesa del titolo, dopodiché sparì completamente dalla circolazione.
Per più di vent’anni nessuno sapeva veramente dove fosse finito, in che continente stesse vivendo, o se fosse vivo o morto.
Il killer di Bobby Fischer
Ma cosa ha distrutto veramente Bobby Fischer? Quello che accadde lo spiegò bene da un punto di vista psicologico un altro grandissimo giocatore dell’epoca, nonché psicologo di fama internazionale, il dottor Reuben Fine.
Analizzando quello che successe alla mente di Bobby Fischer, disse che quello che si era verificate era un’implosione da perfezionismo. Nel momento in cui diventò campione del mondo si sentì in dovere non soltanto di vincere ogni singola partita, che abbiamo visto essere una cosa pressoché impossibile, ma anche di giocare ogni singola mossa in maniera assolutamente perfetta. Il risultato fu che andò in pezzi.
E qui arriviamo al nocciolo vero e proprio del perfezionismo, ed è che è semplicemente impossibile.
Come battere il perfezionismo
La lezione che possiamo imparare dalla storia di Bobby Fischer è il fatto che il perfezionismo non lo si batte con la forza bruta, non è una questione di capacità mentali, non è una questione di poter imporre la nostra forza di volontà, perché un grande maestro di scacchi e specialmente un genio come Fischer di queste caratteristiche ne ha un’infinità.
E allora come si fa a battere il perfezionismo? Quello che ci vuole è un cambio di mentalità.
Il mindset da sperimentatore
Bisogna adottare quello che viene definito l’experimenter’s mindset. Adottare il mindset dello sperimentatore significa approcciarsi ad ogni singola cosa che facciamo nella nostra vita e nella nostra carriera, come un esperimento.
Questo è un cambio di vista rivoluzionario, perché il mindset del perfezionista porta tutto il peso del risultato finale sulle nostre spalle, cioè siamo noi i responsabili della vittoria o del fallimento.
Invece la rivoluzione del mindset dello sperimentatore, è il fatto che porta questo fardello via delle nostre spalle e lo sposta semplicemente sul mondo. Per uno sperimentatore non sei veramente tu che riesci a realizzare qualche cosa, ma sei tu che scopri come si fa.
Come non fallire mai
Con il mindset del perfezionismo non c’è modo veramente di vincere, le uniche due possibilità che abbiamo al termine di un progetto è di essere riusciti a pareggiare o di aver perso.
Dall’altro lato invece, con il mindset dello sperimentatore, succede esattamente il contrario, si vince soltanto, perché se riesco a ottenere il mio obiettivo ce l’ho fatta, ma nel caso in cui non ci riuscissi, quello che succede è una cosa ancora più importante, ed è l’avere imparato qualcosa.
Perfezionista vs. sperimentatore
Con il mindset del perfezionismo si vive tutta la vita semplicemente potendo, o soltanto fallire, o raggiungendo il minimo sindacale. Con il mindset dello sperimentatore, ogni singola cosa che facciamo è una vittoria.
Non è un caso che chi adotta il mindset del perfezionismo rischia di implodere mentalmente come Bobby Fischer, o semplicemente rischia di avere una vita molto più ricca di frustrazioni, delusioni e depressione.
Chi adotta il mindset da sperimentatore non semplicemente vive meglio quotidianamente, ma riesce anche a innescare un sistema di crescita costante. I singoli successi sono temporanei, quello che invece ci rimane è l’auto miglioramento, è l’aver imparato qualcosa in più del mondo, rendendoci giorno dopo giorno una persona e un professionista migliore.
Scambiare il mindset del perfezionista con il mindset dello sperimentatore significa passare da un obiettivo che semplicemente è impossibile, che è raggiungimento della perfezione, a un obiettivo che è possibile ogni singola volta, che è l’ottenimento del progresso.
Conclusioni
Passare dal mindset del perfezionista al mindset dello sperimentatore è stata una delle cose più importanti che mi sono successe da un punto di vista mentale nel corso della mia vita e carriera.
Ero finalmente passato dalla paura del giudizio di me stesso e degli altri, ad essere invece entusiasta per qualsiasi cosa potesse succedere. È inutile dirvi che da quel momento per me è stata una svolta di crescita personale e professionale.
Spero che la scoperta del mindset da sperimentatore possa avere su di te lo stesso effetto che ha avuto su di me.
E come disse Thomas Edison: “io non ho mai fallito, ho semplicemente trovato 10.000 modi per cui una lampadina non funziona!”
E come sempre, freelance non perfezionisti ma sperimentatori, andiamo a conquistare il mondo!